sabato 2 giugno 2012

Attracco al molo 3. Incontri confronti sull'arte contemporanea

Christian Fermo, Self control for emotions, acrilico su malta,70x50, 2010

Livorno - dal primo al 30 giugno 2012
Attracco al molo 3. Incontri confronti sull'arte contemporanea

STUDIO D'ARTE MES3

Via Giuseppe Verdi 40 (57126)
studioartemes3@tiscali.it


Appuntamento consueto della collettiva di giugno organizzato come momento di riflessione su uno dei percorsi possibili, verso i quali si sta probabilmente indirizzando l'operare di artisti toscani, e non solo. Un incontro con quanti sono approdati al molo 3 di Livorno, per andare oltre, insieme.
orario: da martedì a sabato ore 10.00-12.30 e 16.00-19.30
(possono variare, verificare sempre via telefono)
biglietti: free admittance
vernissage: 1 giugno 2012. ore 17.30
curatori: Giuliana Donzello
autori: Gabrio Ciampalini, Mimmo Corrado, Sylvia Cossich Goodman, Manrico Dell'Agnola, Christian Fermo, Paolo Lorenzo Guerrazzi, Matthias Lidy, Adele Lo Feudo, Antonio Loré, Alessandra Parravicini, Maurizio Piccirillo, Filippo Quochi, Adriana Ristori, Ivano Emilio Zanetti
genere: arte contemporanea, collettiva


comunicato stampa
Alla Galleria Studio d'Arte MeS3 di Livorno si apre la mostra "Attracco al molo 3", l'appuntamento consueto della collettiva di giugno, organizzato come momento di riflessione su uno dei percorsi possibili, verso i quali si sta probabilmente indirizzando l'operare di artisti toscani, e non solo.
Da decenni la complessità dei linguaggi situa le arti figurative in una dimensione che determina uno scostamento del segno iconico verso le varie forme dell’astrattismo, del concettuale e del digitale, o del gesto come segnale del corpo dell’arte performativa: un ripercorrere le varie tappe dal punto di vista degli artisti che si sono chiesti a lungo se nell’opera si debba guardare all’uomo con i sentimenti di cui è anima e che hanno scelto di dare preminenza al “fare”. Si è acceso così un dibattito ancora vivo e aperto sul senso, ovvero sul “non-senso” in assenza di un segno significante, per riconoscere nel segno iconico l’unico che partecipa e concorre alla finalità dell’opera.
L’appropriazione di un segno iconico è dovuta al sedimento che l’artista si costruisce negli anni di studio di forme anatomiche , della natura e del paesaggio, con un corredo d’impiego di colori che devono essere” veri”, cioè specchio delle categorie del reale.
Nel “fare” che distingue ogni artista, espressione di un linguaggio che ne contrassegna individualità e personalità, c’è sempre necessariamente - come ho avuto modo più volte di sottolineare - un collegamento paratattico, un procedere per strutture, un altrove possibile rappresentato dai capolavori di grandi artisti, a cui tutti in misura diversa ci si riferisce.
Il fare esige l’impiego di una struttura linguistica ben conosciuta che si riflette nei tempi e nei modi con cui si opera col colore; esige attenzione, concentrazione e lucidità: pensare e decidere le stesure richiede i tempi necessari; riflettere davanti all’opera in modo da dialogare con essa permetterà anche al fruitore di passaggio di interagire, pur tuttavia facendo uso di “parole” diverse e di un diverso registro.
L’abbandono della rappresentazione come metafora (paesaggio e natura morta), o il suo recupero attraverso i linguaggi riscattati alle nuove tecnologie, espone l’arte a ricercare vie di senso che abbiano un’alta competenza nel fare.
Ben venga dunque un incontro-confronto tra voci e immagini di ieri e di oggi, per una dialettica che apra ai giovani e ai meno giovani, in nome dei valori universali dell’arte, dove spazio-tempo confluiscano nell’ora presente di una visione non solo mentale.

Giuliana Donzello



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