venerdì 15 marzo 2013

Erman Izzi - I'M NOT THAT


Pesaro (PU) - dal 15 marzo al 14 aprile 2013
Erman Izzi - I'M NOT THAT

CIRCOLO CULTURALE L'OTTO
Viale Donato Bramante 65 (61121)


Una serie di scatti che supera l’accezione puramente classica del ritratto, per indagare le relazioni umane, ingannando il senso dell’esplicita apparenza
orario: tutti i giorni, escluso lunedì
(possono variare, verificare sempre via telefono)

biglietti: free admittance
vernissage: 15 marzo 2013. ore 19.30
autori: Erman Izzi
genere: fotografia, personale
email: erman_i@hotmail.it



comunicato stampa 
I'M NOT THAT, i ritratti di Erman Izzi in mostra al Circoloculturale L'Otto

Venerdì 15 marzo alle ore 19.30 presso il Circoloculturale L'Otto, in via Bramante 65 a Pesaro, verrà inaugurata "I'm not That", la mostra fotografica di Erman Izzi.

I’M NOT THAT, una serie di scatti che supera l’accezione puramente classica del ritratto, per indagare le relazioni umane, ingannando il senso dell’esplicita apparenza.

Le opere, concepite per essere volutamente evocative, sono sospese tra la luce e l’ombra. In questi venti ritratti che Rita Bonomo vede "destinati a diventare una moltitudine", Erman Izzi "mette in atto l’abile gioco del ricondurre il fruitore alla pratica del riconoscimento". In esse infatti l’osservatore è obbligato ad addentrarsi e a rintracciare un significato che “prima si nasconde nel gioco dello straniamento ed infine -sotto le mentite spoglie dell’oggetto feticcio- si restituisce.”

Durante la serata inaugurale di venerdì 15 marzo verrà allestito un set fotografico dove l'artista realizzerà alcuni ritratti in estemporanea.

Erman Izzi è nato a Foggia nel 1977 e si è diplomato in pittura presso l'Accademia di BB.AA. di Urbino nel 2005. Durante gli anni di studio la ricerca espressiva pittorica e la passione per la fotografia, costantemente accompagnata dall’interesse per l’arte cinematografica, hanno portato l'artista a lavorare contaminando e fondendo i linguaggi figurativi. Tra le sue opere si ricordano le stampe digitali su tela (plotter di grandi dimensioni) nelle quali l’intervento ad olio trasforma e ammorbidisce i netti controluce, facendo sì che le immagini emergano dal buio o appaiano come ectoplasmi su bianchi totali. I’M NOT THAT è l’ultimo lavoro realizzato da Erman Izzi.

L'esposizione resterà aperta fino al 14 aprile (aperta tutti i giorni, escluso lunedì). Il set fotografico resterà aperto per la creazione di nuovi ritratti.



Ognuno di noi è più di uno, è molti, è una prolissità di se stesso. […] Fernando Pessoa
Lo specchio, il suo gioco: l’oggetto ritratto, ritrattato e poi restituito.
C’è un pittore alla corte del POP, si chiama Erman forse, o forse Mirco, forse Patrizio- ma certamente Izzi
è il suo cognome.
C’è un pittore alla corte degli oggetti smarriti che ne rintraccia il possessore ed enigmisticamente poi ad
esso li restituisce, in apparente casuale abbinamento.
E gli piace giocare al pittore, ad Erman Izzi, anche se pittore non è Erman Izzi, egli –in luogo di tavolozza e
pennelli- imbraccia la sua Canon EOS 1000D e posto il fondo neutro, alla maniera d’un pittore di corte del
‘500-; prese dunque le dovute distanze attraverso il taglio ineccepibile dell’iconografia più tradizionale del
ritratto; data la giusta luce dentro la quale il pittore plasma l’espressione del soggetto; dato il suo
ermellino a ciascuno, prima si nasconde nel gioco dello straniamento ed infine -sotto le mentite spoglie
dell’oggetto feticcio- si restituisce.
Così il ritratto, concepito con un’impeccabile pulizia formale, sembra voler permettere che ad esso si
trasponga la menzogna dell’oggetto. Poi “ritratta” e, davanti al fruitore più attento, pare dire che esiste
un gioco alchemico tra l’adoperato oggetto e, se potesse –detto oggetto – ritenersi talismano, il suo
protetto. E si ribalta in indizio, quale segno distintivo, per poter meglio sopravvivere nel canto corale di
questo I’m not that! Dove l’io trasecola davanti alle sue apparenti strutture patinate, con le ciglia
glamour, l’incarnato perfetto, lo sguardo assente, e rivendica uno status ben più intimistico. Rivendica la
pasta con cui è scolpito Mirco, ad esempio, che un tempo è stato bambino e che bimbo torna dietro la sua
big babol nonostante il collare della “granditudine” . Restituisce alla memoria la barchetta di carta di Ian. E
restituisce Patrizio alla sua identità di Patrizio, ad esempio, strappandosi dall’ingombro d’un passato eroico
per ripristinarsi, libero, nella sua statura di anti-eroe insieme alla ribellione di Lalli e il suo anti-hitler che
passando attraverso il minimalismo di Chaplin lo ridimensiona ad umanoide dalla precaria statura.
Dentro i suoi già venti ritratti, certamente destinati a diventare una moltitudine, attraverso l’ oggetto di
collettiva memoria, Erman sembra mettere in atto l’abile gioco del ricondurre il fruitore alla pratica del
riconoscimento. Un gioco al rimpiattino che include – necessario- il disvelamento: un gioco di specchi
che innesta, necessaria, la traslazione dell’immagine riflessa; l’ologramma ripetuto ad libitum; lo sguardo del pittore ad interim attraverso il maleficio dell’ oggetto di collettiva memoria. Così mentre il fruitore sembra riconoscersi attraverso quel particolare segno distintivo in realtà rintraccia l’uomo dentro l’artista, rintraccia Erman e la prolissità di se stesso. Questa infine, l’infinitudine del gioco.

Rita Bonomo



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