Per Eugen Unziker, Paolo Blendiger La pittura di Eugen Hunziker ha, da quasi un decennio, nel mare - il suo amato mare cretese a cui ritorna regolarmente - il riferimento principale, praticamente esclusivo, un motivo che svolge e indaga in quanto suggestione primordiale, arcaica, un motivo che viene plasmato e raccontato in superfici con declinazioni sempre variate, inedite in una chiave sensoriale, palpabile che ci restituisce emozioni, attimi vissuti.
L’artista dal suo amato mare è stato catturato, etimologicamente affascinato: mosso inizialmente dall’incanto, ha cominciato col descrivere con referenziale dovizia i suoi dettagli minimi, quali le orme lasciate dal tempo sui sassi, sui ciottoli levigati. Con un disegno sinuoso, con i colori tenui dell'acquerello e del pastello ne ha seguito, ritracciato le venature, ha voluto restituirci la trasparenza dell'acqua in cui sono immersi e che ne esalta la lucentezza. Successivamente, in una nuova fase, alzando lo sguardo dal bordo mare ha cominciato ad interpretarne il paesaggio costiero con le sue baie, i declivi rocciosi, gli aspri pendii assolati, quei luoghi, quegli spazi che si erano impressi nella memoria e rielaborava nell'atelier con un segno via più astratto, con un’azione di decantazione e contaminazione tra l’osservazione e la personale suggestione.
Nelle stagioni più recenti l’osservazione è diventata, nel suo progressivo distacco astraente, visione per cogliere l’immane, avvolgente immensità della distesa marina, la sua “vis” o forza. Questo nuovo indirizzo era accompagnato da una gestualità, da un segno diventato più ampio e informale, una gestualità che emerge dal profondo lasciando trasparire in modo forte, evidente, un moto interiore.
Con una distaccata e vagliata sensibilità, l’artista ha fatto di quest’impulso l’oggetto per una rielaborazione alchemica, l'oggetto di un travaglio insistito, di una resa che si muove fra i due principi umanistici fondamentali del progetto e della casualità.
Eugen Hunziker svolge questa sua comunicazione esclusivamente sulle superfici resistenti delle carte che poggia in piano, dipingendole ad acqua, accarezzandole con pennellate leggere, disperdendo su di esse le tonalità variegate e trasparenti che sono del mare. Giunto ad una prima evocazione, non sentendosi ancora pronto ad affidare ad altri il suo messaggio, volentieri lo cancella, lo graffia, incide la sua scrittura, o meglio sarebbe dire, questa prima stesura di segni, lasciandone solo una traccia impalpabile, appena suggerita, una sorta di sottotraccia da riprendere con nuove pennellate e nuove incisione e nuovi graffi. Le sue carte così violate vengono ancora volentieri tagliate, frammentate per essere proposte , appunto, quali “Frammenti” o essere reimpostate, ricomposte, magari a distanza di tempo, dopo ulteriori sedimentazioni, come collages.
I suoi luoghi nati nella dimensione del silenzio ad esso, infine, ritornano come immagine e si susseguono, sempre nuovamente colti e reinterpretati quale eco di una vibrazione interna cui sola la sintassi stilistica dell’artista è sottoposta. Paolo Blendinger, Torricella 29 ottobre 2012
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