Il Gesto e la Luce, semplicemente Testo di Luigi Mauta
Tutte le opere poste qui in mostra non appaiono affatto pie, retoriche o vigliacche, bensì fortemente stentoree, poderose tanto da essere definite come tante dettagliate finestre emotive dove Luigi Quarta cerca ed ottiene un’audace confronto con il visitatore e, su questo crinale, con coraggio nuovamente riproposto, provocare scossoni alla placida calma dell’ozio, del bello delicato, della quotidiana codardia. Ma per ottenere ciò si evince che l’intero e articolato percorso professionale dell’artista di origini leccesi sia stato contraddistinto da una significativa eloquenza espressiva, dal voler comunicare una sempre nuova scoperta utilizzando percorsi creativi che si dipanano in sentieri reconditi, scandiscono ogni suo stato d’animo gradualmente e, di conseguenza, irrompono nell’indole dello spettatore che resta soggiogato dalla padronanza artistica e dal singolare linguaggio. Sollevando lo sguardo verso l’opera, l’incauto ospite non immagina neppure lontanamente quanta energia i suoi occhi dovranno sorreggere, quanta passione e quanta poesia sono capaci di trasmettere queste taciturne tele, queste caute tavole. Il loro silenzio è pari solo al frastuono emotivo che l’artista ha ponderato in ogni angolo materico del suo universo creativo. Occorre un respiro per orientarsi, per cogliere l’unità dei lavori, per distinguervi i tanti accenni di libertà inseriti. Ad un tratto crollano parole, paletti, orgogli, si riscopre un’appar(t)enza dell’anima non conforme al modo come la si è sempre imparata a percepirla, eppure essa risulta, mai come in questa collezione, riconoscibile in tutta la sua pienezza e complessità, in tutta la sua ribellione e nel suo continuo mutamento. Si è invogliati nel continuare a vedere. Si scruta la potenza dello spirito umano dell’artista che ha saputo modellare un sentimento, il seme primogenito che conduce all’azione. Delle opere di Luigi Quarta immediatamente stupisce la sua personale concezione stilistica che obbliga a vedere ancora: ciò che questi dipinti vogliono mostrare, il loro senso vero, la parte imprescindibile del destino umano che rivelano. Gli occhi ora esaminano questi varchi, sono meravigliati dal fitto ripetersi di segni modulati da un ritmo ipnotico che li incrociano, li imprigionano; si riconoscono brani di tessuto strappati via dal figurativo, quasi come se fossero sistole e diastole, gli occhi entrano ed escono da flussi di colore irruento, indomabile. Attraverso ogni Frammento l’artista costruisce spontaneità ed una riconquistata vocazione che abbraccia un astrattismo creativo, appassionato e quindi indisciplinato, contaminato da altri piccoli frammenti addizionati insieme. Il percorso creativo che Luigi Quarta è riuscito a comporre parte da un’irrefrenabile giocosità che travolge tutto e poi, lentamente, scema per lasciar posto ad una lirica composta e struggente. Questa maestria si scorge nei brani intelaiati di un Giorno Vissuto o di Un linguaggio segreto, nei ritmi accelerati che Quarta a tratti esalta, come nell’opera Un'altra primavera, e a tratti, conoscendone bene l’estremo limite di sonorità, ne mostra l’estrema fragilità in Libertà Interiore. Tutto questo diventa talmente visibile, che ci si perde, per poi ritrovarsi … e perdersi ancora. Le opere in esposizione, come tante finestre, hanno una vita intima che si schiude tra filati, stoffe e nelle astute rivelazioni di colori che si intravedono fra loro. L’artista racconta l’inesplorato universo delle emozioni su cui si forma l’atto umano e quindi la realtà; ma lui celebra l’inizio, il timbro che intensifica il colore scoperto sotto una frattura, sotto quello strappo che rivela un nuovo obiettivo, una nuova identità. Tutto ciò trova espressione nelle stratigrafie mosse sempre dal ritmo interno che, vibrando, definisce la superficie, la ispessisce, la frantuma e diviene parte della scoperta. Luigi Quarta è riuscito ad imprigionare il mezzo tramite cui è riuscito a comporre tutto ciò: la capricciosa e rara luce, resa parte essenziale del gesto, delle sapienti scansioni di colori, dei pieni e vuoti che costituiscono la materia stessa del corpo umano, delle sue passioni, delle sue mancanze. L’unione tra il gesto ribelle e l’instabile luce annulla ogni negazione, ogni opposizione. Questa vocazione espressionista porta a sviluppare una profonda, e nello stesso tempo, inattesa riflessione su ciò che si è sempre definito necessario, appartenente alla parte di noi più vera; su ciò che si è ritenuto sempre fondamentale. Sotto questa nuova luce l’attratto viaggiatore si riscopre come quella sottile pellicola che lentamente si sta diradando, nell’atto di cedere e mostrare la parte di ogni essere umano più intima, in comunicazione incessante tra l’istinto e l’azione. Ciò che resta ancorato agli occhi del non più incauto visitatore è quella determinata emozione che l’artista riesce sempre a trasmettere, quella precisa nota emotiva che resta imprigionata nell’animo anche dopo aver distolto lo sguardo dalle sue creazioni che, come tanti varchi, hanno liberato passione, energia e quel senso di libertà che solo l’arte può donare. Luigi Mauta
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