Il fulgore astratto di Carlo Mattioli Sabato 27 ottobre la galleria Il Catalogo di Salerno,di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta, inaugurerà la 45° stagione espositiva, presentando 17 opere dell’artista modenese
La XLV stagione espositiva della Galleria Il Catalogo di Salerno, verrà inaugurata nel segno della tradizione del più intenso Novecento pittorico italiano, luogo osmotico di tutti i linguaggi delle arti. Lelio Schiavone e Antonio Adiletta hanno scelto di proporre 17 opere di Carlo Mattioli, una mostra, nata dalla collaborazione della galleria salernitana con l’archivio Carlo Mattioli di Parma, che verrà inaugurata sabato 27 ottobre alle ore 19, restando fruibile sino al 24 novembre. Carlo Mattioli, modenese di nascita ma parmense d’adozione, ritrova proprio nella città emiliana il luogo della sua riflessione per immagini, affacciandosi alla ribalta artistica intorno agli anni Quaranta, quando la città, ricordata da Attilio Bertolucci come una “cella meglio aerata e ben esposta” rispetto a tanti altri centri d’Italia – sta vivendo una stagione straordinaria: “Per un gioco di destini incrociati – scrive Gianni Cavazzini – operano a Parma poeti quali Mario Luzi, studiosi come Oreste Macrì, critici quali Giacinto Spagnoletti”. E’ in questo clima, percorso da sottili istigazioni culturali, così vicino al sentire della galleria salernitana, che si inserisce Mattioli. Sono le serate al caffè, gli incontri con i personaggi in transito, Ungaretti, Montale, Parronchi, Bigongiari, che forgiano il segno di Carlo Mattioli, frutto di una forza interiore alimentata giorno dopo giorno nella riflessione e nella “simpatia” sofferente per uomini e cose, che ritroveremo nelle opere esposte al Catalogo, con soggetti, paesaggi, ridotti alle strutture elementari, ma percorsi da un respiro infinito, in cui l’assenza, come specchio della morte, è metafora antichissima che Mattioli sa rinnovare con una pulizia di tocco e una essenzialità d’immagine raramente conseguita. Una pittura di sublimazione la sua, mai dimentica della suggestione di certi addensamenti sensuosi di materia, quei coaguli di colore che lasciano intendere, dentro, tutto un subbuglio di generazioni, accensioni, inquietudini, e perfino ironie, sino ad una pressante percezione del tempo. Con una dizione ferma, e sempre come se d' ogni cosa trovasse indispensabile far sentire al tatto la consistenza del soggetto, il pittore si ritrova a scarnificare sempre piu' quegli spessori "romantici", riducendo quasi a sinopia i segni figurali, staccando, man mano, gli oggetti dal loro luogo, esaltandone la solitudine, leopardianamente. Perfino a volte facendo appello a una sorta di ragione geometrica, come se in una accentuata partizione degli spazi si potesse trattenere piu' a lungo, e con maggiore incidenza espressiva, l’emozione. Nell’esposizione si passerà anche per il suo periodo informale, impresso di forme allucinate, con uno struggimento di toni da esilio, grigi, bruni, ocra, con variazioni sottilissime, pudiche, di tutti i verdi possibili ( Paesaggio Verde), frutto di una gestualita' mai nervosa, destinata piuttosto a confermare un senso implicito, inafferrabile, dei movimenti interni alla natura. Imprevedibili improvvisazioni sul tema, la lucida teoria delle forme sottratte al contingente, in virtù di una loro sofferta conquista dell’essenza delle cose, della loro dimensione ontologica. Il reale è come evocato, non rimosso ma sospeso, e in questa elegia del silenzio più alta si leva la voce dell’Uomo.
Nota Biografica. Carlo Mattioli : Modena 8 maggio 1911 – Parma 12 luglio 1994 Diede inizio alla sua carriera di pittore nel 1938, aprendo un proprio studio in via S. Nicolò a Parma, città alla quale rimase sempre legato. Alla sua prima fase pittorica, quella degli anni Trenta e Quaranta, si possono ascrivere alcuni ritratti e un certo numero di tele con nudi, quali Studio di nudo del 1933, soggetti e figure costanti nel repertorio iconografico del Mattioli e che saranno parte integrante del suo primo padiglione alla XXII Biennale di Venezia nel 1940. Il Mattioli strinse amicizia con molti letterati e artisti della città di Parma, che negli anni Quaranta vedeva anche il passaggio di importanti poeti come Mario Luzi e Attilio Bertolucci, ai quali il pittore rimase costantemente legato. Gli incontri con i critici e studiosi Oreste Macrì e Giacinto Spagnoletti gli permisero di farsi conoscere e di realizzare, nel 1943, la sua prima personale presso la galleria del Fiore di Firenze, tenuta a battesimo da Ottone Rosai e presentata da Alessandro Parronchi. Gli anni del dopoguerra videro il Mattioli avvicinarsi alle tematiche pittoriche di Pablo Picasso, realizzate per lo più attraverso nudi e paesaggi, gli stessi con cui concorse alla Biennale di Venezia del 1956 conquistando il favore della commissione giudicatrice, presieduta da Roberto Longhi. Nello stesso anno fu premiato alla VII Quadriennale di Roma, a cui prese parte per una seconda volta nel 1960. Nel primo quinquennio degli anni Sessanta il Mattioli si dedicò quasi interamente alla figurazione del nudo femminile. Tra il 1967 e il 1968 il Mattioli spostò progressivamente l’attenzione sulla natura morta, soffermandosi in particolar modo sull’analisi del Canestro di frutta del Caravaggio. Gli anni Settanta segnarono un punto di svolta nella produzione dell’artista che, abbandonate le tematiche precedenti, legate al nudo e alla natura morta, si rivolse alla pittura di paesaggio. Negli anni Ottanta il paesaggio del pittore si arricchì di nuovi elementi figurativi, riscontrabili nelle tele con La foresta di Birnam e Paesaggio (entrambe del 1980) e in Paesaggio in primavera (1982), tutte a Reggio Emilia.
L’ Ufficio Stampa della Galleria Il Catalogo Olga Chieffi - Cell.: 347/8814172
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