sabato 25 settembre 2010

Anna Maria Saviano - In precario equilibrio































Ravello (SA) - dal 25 settembre al 30 ottobre 2010
Anna Maria Saviano - In precario equilibrio

PALAZZO SASSO
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Via San Giovanni Del Toro (84010)
www.palazzosasso.com
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La pittura di Anna Maria Saviano si nutre della stessa meravigliosa illusione che da secoli alimenta il lavoro di tanti artisti: poter racchiudere in una immagine l’attimo perfetto, quello in cui la realtà, o meglio l’apparenza, trova la sua condizione ideale per poter comunicare un senso, un significato che vada al di là dell’inquietante scorrere di tutte le cose.
orario: tutti i giorni: dalle 11.00 alle 13.00 – dalle 17.00 alle 19.00, ingresso gratuito
(possono variare, verificare sempre via telefono)

biglietti: free admittance
vernissage: 25 settembre 2010. ore 19
ufficio stampa: wzgiovannadellisola@supereva.it
curatori: Pasquale Ruocco
autori: Anna Maria Saviano
note: Promossa dall’associazione Caravan Serraglio
genere: arte contemporanea, personale


In precario equilibrio è il titolo della mostra d’arte di Anna Maria Saviano, promossa dall’associazione Caravan Serraglio e curata da Pasquale Ruocco, che verrà inaugurata sabato 25 settembre, alle ore 19.00, a Palazzo Sasso a Ravello.
La pittura di Anna Maria Saviano si nutre della stessa meravigliosa illusione che da secoli alimenta il lavoro di tanti artisti: poter racchiudere in una immagine l’attimo perfetto, quello in cui la realtà, o meglio l’apparenza, trova la sua condizione ideale per poter comunicare un senso, un significato che vada al di là dell’inquietante scorrere di tutte le cose. In quasi tutti i dipinti si avverte la presenza di una invisibile soglia che divide l’osservatore da quel particolare teatro che è lo spazio pittorico. Luoghi e situazioni sono volutamente banali - un corridoio, il tapis-roulant di un aeroporto o di una metropolitana, stanze vuote con una finestra o uno specchio, una scala . Quasi sempre ad abitare questi spazi di passaggio c’è una sola persona, spesso ripresa di schiena, quasi a invitarci a ripercorrere con la memoria le infinite volte che ci siamo trovati a vivere situazioni simili e i nostri occhi non sono stati in grado di vedere e tantomeno di capire l’importanza di quel momento. Tra i dipinti della Saviano ce ne sono alcuni che prendono spunto da fotografie che più delle altre rivelano la natura inquietante e misteriosa di questo mezzo: le foto “mosse”, quelle in cui la sostanza certa e inequivocabile di una persona si trasforma in una sagoma evanescente, in un fantasma. Anche questa è una esperienza che abbiamo fatto tutti mille volte. Con la fotografia digitale basta un “clic” e la nostra foto “venuta male” va a finire dritta nel cestino, ma per un pittore non è così: la foto mossa è importantissima, nella sua casualità e imprevedibilità forse può rivelarci qualcosa di noi che non sapevamo, e allora vale la pena di prendere una bella tela grande, i colori e iniziare a dipingere, approfondire e arricchire questa esperienza nell’universo parallelo della pittura. Per la Saviano gli effetti di sfocatura equivalgono ai corridoi o alle scale, sono emblemi di quella condizione di transitorietà che è il nucleo poetico da cui prende il via tutta la sua esperienza. In alcune opere questa idea di partenza si arricchisce di ulteriori sviluppi, ricchi di implicazioni: il lavoro della Saviano su questi soggetti si colloca in parte su questa linea di discendenza, più “umanistica” ed europea della glaciale ottica minimalista. Il gioco di presenza-assenza è rigoroso, così come è sempre morigerata e talvolta austera la scelta dei colori e il registro delle luci, ma rimane salda la coscienza degli spazi, verificati attraverso una lettura prospettica esatta. Si tratta di spazi che presuppongono comunque un osservatore, una presenza invisibile ma determinante, in grado di sostenere la vertigine di una scala curva o di leggere pazientemente il modificarsi delle luci negli angoli di una stanza. Si tratta di spazi che presuppongono comunque un osservatore, una presenza invisibile ma determinante, in grado di sostenere la vertigine di una scala curva o di leggere pazientemente il modificarsi delle luci negli angoli di una stanza. Al di qua dell’invisibile soglia che ci separa dall’universo delle cose viste, si avverte la presenza di un occhio “pittorico”, nel senso che già nell’atto stesso del vedere valuta le potenzialità implicite nel soggetto a raggiungere quell’equilibrio di pieni e vuoti, luci e ombre che può condurre la visione più ovvia ad un grado di autentica emozione visiva.


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