Ascoli Piceno - dal 3 marzo al 7 aprile 2013
Mario Verolini
PINACOTECA CIVICA
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Piazza Arringo 7 (35010) |
+39 0736 2981 |
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Mostra di acquerelli nella sala Cola dell'Amatrice
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biglietti: free admittance |
vernissage: 3 marzo 2013. |
autori: Mario Verolini |
genere: arte contemporanea, personale |
email: info@marioverolini.it |
comunicato stampa
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Avrete sentito parlare di ricerca in campo artistico. Ora questa parola non ha bisogno di molte chiarificazioni: ricercare significa andare a trovare, procurarsi ciò che manca, ciò di cui si ha bisogno. La particolarità dell’uso di questo termine in campo artistico è evidente a tutti. Se nel supermercato si ricerca la marca di un prodotto che preesiste, che c’è già, in arte la ricerca riguarda qualcosa che ancora non ha esistenza e che viene, per così dire creato ma sarebbe più giusto dire prodotto. E’ per questa considerazione che l’arte moderna e poi la contemporanea hanno adottato l’uso sistematico di questo termine per distinguersi dalle epoche precedenti, mettendo in evidenza un divenire dell’arte che all’arte in realtà è sempre appartenuto. Questo divenire , prima con le avanguardie storiche dell’inizio del Novecento è stato violentemente esibito, poi di seguito è stato perseguito con costante determinazione dai movimenti del secondo Novecento, facendo così in entrambi i casi del termine ricerca il proprio connotato giustificativo anche di una fuoriuscita da quello che per solito veniva considerato lo specifico dell’arte: la distinzione delle arti figurative in pittura, scultura, architettura. Nuove tecniche si sono affiancate a quelle tradizionali, dalla fotografia al video, nuove forme artistiche si sono affermate: la performance, gli allestimenti ecc. Tutto ciò in nome del termine “ricerca”. Ora, io non credo affatto che queste estensioni del campo artistico si possano giustificare col fatto che nei campi cosiddetti tradizionali tutto è stato già fatto come, senza nessun acume, ci viene detto talvolta perfino dagli stessi artisti. Se così fosse, questi acquerelli non sarebbero esistiti, non ci sarebbe stato il bisogno in me, artista, di produrli. Sto sostenendo che questi acquerelli sono il prodotto di una ricerca. Perché la ricerca nel campo della pittura, si voglia o no, prosegue e chi se ne vuole accorgere se ne accorge e chi vuole negarla la nega, negando così l’evidenza. Quando mi chiedono che tipo di pittura faccio se rispondo paesaggi, figure,so bene che deludo chi mi sta di fronte ma io lo faccio quasi apposta, perché vorrei mettere a dura prova chi pensa, sentito ciò che ho appena detto, d’avermi superato intellettualmente, abbandonandomi al mio destino di sopravvissuto. Opere come queste che vi propongo stasera sono testimonianza del fatto che non è vero che tutto è stato già fatto in pittura. La loro novità non è dirompente, non è evidente e allora mi chiederete quale sia. Essa non può che risiedere nel “come” l’acquerello è stato fatto e non nel “che”, in ciò che esso fa vedere, stante che in esso il riferimento al visibile naturale persiste. E’ la sfida lanciata dalla pittura a questo riferimento naturale la novità di questi acquerelli. La stesura di colore che produce l’immagine si confronta col rischio di perdere la natura e proprio questo sottile crinale è il possibile fascino di queste immagini ed è l’elemento di ricerca, di rischio che la pittura, l’arte del dipingere qui supera e vince. Ecco perché li ritengo importanti e non solo nella mia storia. Non vanno verso l’informale perché semmai dall’informale provengono, come tutta la mia pittura ma il profumo della natura in essi persiste e determina l’immagine che, a questo punto, definire paesaggio risulta un po’ restrittivo. Ed è qui che scatta il ricordo di Leopardi: “…interminati / spazi ….e sovrumani/ silenzi…” , può sembrare esagerato. Non lo è. Su questi fogli di carta il pittore ha vissuto esperienze culminate nel silenzio. Un grande architetto americano del Novecento, Louis Kahn ha passato la vita a cercare di realizzare opere che esaltassero il silenzio. Quando tutto tace, l’altro in noi si rivela. “E mi sovvien l’eterno…”
Mario Verolini
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