Martedì 22 gennaio la Fondazione Marconi ha il piacere di presentare la mostra Hsiao Chin. Opere su carta - Dialogo tra gli anni Sessanta e oggi.
L’esposizione, allestita sui due piani dello spazio espositivo, è dedicata alle carte dell’artista cinese: al primo piano sono esposti i nuovi lavori, al secondo le carte realizzate nei primi anni sessanta. Tutta la carriera artistica di Hsiao è stata una continua ricerca spirituale, a partire dalla sua formazione, avvenuta a Taipei dove grazie al suo maestro imparò l’importanza dell’equilibrio tra cuore, cervello, mani e occhi e come combinare i colori tra di loro. L’artista nato a Shangai nel 1935, arriva a Milano nel 1959, allora centro dell’avanguardia artistica, dove conosce Lucio Fontana, Piero Manzoni e gli altri, le loro idee innovative ma nonostante questo contatto con la cultura occidentale non dimentica gli insegnamenti taoisti. Il taoismo filosofico ha come obiettivo il raggiungimento dell’armonia con il mondo naturale, Cielo, Terra e Uomo in equilibrio tra di loro. Associata al Tao è la concezione dello Yin e dello Yang, opposti e complementari al tempo stesso.
“Ho voluto ripensare di proposito al Taoismo perché il mondo occidentale era troppo variegato. Proprio per questo decisi di fare un percorso personale in grado di costruire un bagaglio culturale ed esperienziale di azione e di pensiero … per arrivare ad avere una pittura solo mia”. (Hsiao Chin)
Al secondo piano sono esposte le gouaches e gli acquarelli su carta di riso realizzati da Hsiao nei primi anni Sessanta dove sono evidenti i riferimenti a quei principi filosofici: figure geometriche con colori in contrasto tra loro, volumi alternati a spazi vuoti, superfici in cui domina il bianco alternato alle linee sinuose tipiche di quegli anni, in una costante ricerca di equilibrio. Cerchi, quadrati, triangoli… Le forme che l’artista suggerisce sono prese dalla simbologia. Allora il cerchio è la perfezione, il triangolo rappresenta l’ascensione spirituale, il quadrato è una base grezza in evoluzione. Evidenti rimandi alla cultura orientale come il calligrafismo cinese si intrecciano ad influssi della cultura occidentale come i colori sfavillanti. In mostra anche alcune carte della serie “solare” realizzate tra il 1965 e il 1966. In questo periodo Hsiao inizia a lavorare su forme solari, raggi che partono dal centro e si espandono in ogni direzione, un’esplosione di colore che non va intesa come semplice rappresentazione del sole ma come armonia dell’Uomo con l’Universo, secondo la filosofia cinese Ch’an, rielaborata dall’artista in maniera personale.
Al primo piano invece sono esposte opere realizzate appositamente per l’occasione, 8 carte di grande fomato, di più di 2 m di lunghezza e una decina più piccole. Energiche pennellate veloci, coraggiosi accostamenti di colori, mai scelti casualmente:
“non scelgo i colori di per sè, scelgo la combinazione dei colori perché certe combinazioni vibrano più di altre, un poco come la risonanza in musica; scelgo i colori che insieme vibrano di più”. (Hsiao Chin).
Anche nelle opere più recenti non viene meno la dimensione meditativa di Hsiao, il senso della spiritualità orientale.
La mostra prosegue allo Studio Marconi ’65 dove verranno presentati multipli su tela di Hsiao e i raku, tecnica di origine giapponese utilizzata per la fabbricazione di ceramiche. In occasione della mostra sarà pubblicato il Quaderno della Fondazione n. 9 una pubblicazione che raccoglie immagini delle opere esposte, fotografie e testi critici e notizie biobibliografiche.
Hsiao Chin nasce a Shangai nel 1935 e, dopo i primi studi d’arte, nel 1956 partecipa alla fondazione del gruppo Ton-Fan, che raccoglie pittori di tendenza astratta. Grazie a una borsa di studio istituita dal governo spagnolo si reca a Madrid e a Barcellona, dove nel 1957 ha la prima personale e una collettiva dedicata al gruppo Ton-Fan. Alla fine degli anni Cinquanta si stabilisce a Milano, dove inizia a esporre regolarmente da Giorgio Marconi. Nel 1961, insieme ad Antonio Calderara, fonda il movimento Punto, al quale si aggiungono membri dell’avanguardia internazionale. La sua ricerca fonde elementi della cultura e della spiritualità orientale con la profonda conoscenza della modernità artistica occidentale. Con esiti vicini alla pittura della colorfield abstraction, le sue tele presentano stesure di colore fluido che si dispongono in superfici incorporee e vibranti, animate dall’energia interna dei campi cromatici. Dopo lunghi soggiorni a Londra, Parigi e New York torna a Milano nel 1971 e inizia a dedicarsi all’insegnamento (prima all’Istituto Europeo di Design, poi all’Accademia di Belle Arti di Brera). Nel 1988 lo Studio Marconi gli dedica una prima grande retrospettiva. L’anno seguente inizia la serie Dalla primavera di Pechino al massacro di Tiananmen, ispirata ai drammatici eventi del 1989, mentre il ciclo La grande soglia, che realizza a partire dal 1990-91, nasce da una riflessione sulla vita e sulla morte dopo la scomparsa della figlia Samantha. Tra le principali esposizioni degli ultimi anni vanno ricordate le retrospettive di Taichung (1992), Taipei (1995), a Milano nel 2002 presso lo Spazio Oberdan, la Fondazione Mudima, Giò Marconi e la galleria Lattuada; al National Museum of Art di Beijing (2006) e alla Triennale di Milano (2009). Nel 2011 l’Académie Royale des Beaux-Arts e il Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain di Liegi gli dedicano una grande mostra.
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