genere: documentaria
comunicato stampa
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Sabato 19 gennaio 2013, alle ore 17.30, al MUSMA. Museo della Scultura Contemporanea. Matera, si inaugura la mostra “Lacerba. Un centenario”. Le Sale della Caccia di Palazzo Pomarici, per ripercorrere la storia della rivista fondata a Firenze il primo gennaio di cento anni fa, ospiteranno, oltre alla rivista originale, disegni, opere grafiche, immagini e documenti dal 1913 al 1915. Il periodico, quindicinale per i primi due anni e senza direzione, settimanale per il terzo e con la direzione di Giovanni Papini, viene pubblicato da Attilio Vallecchi dal 1° gennaio 1913 al 22 maggio 1915. Nato dalla ribellione di Giovanni Papini e Ardengo Soffici nei confronti de “La Voce” di Giuseppe Prezzolini, ‘marchiato’ dall’indirizzo idealistico e sempre più attento, piuttosto che ai fatti letterari e artistici, ai problemi sociali ed economici, con la collaborazione di Aldo Palazzeschi e Italo Tavolato, su suggerimento di Soffici, riprende il titolo, senza l’apostrofo, dal poema trecentesco L’Acerba dell’eretico Cecco Angiolieri, a significare la necessità di andare, in ogni campo, contro le idee correnti, quindi, come si legge nell’Introibo che apre il primo numero, contro tutti gli “idealismi, riformismi, umanitarismi, cristianismi e moralismi” e con quella libertà dello spirito che permette di riconoscere l’arte come unica “ragione di essere”. La coerenza del programma è evidente nel primo periodo della rivista, pronta a condannare tutti i valori tradizionali, a mettersi contro tutte le istituzioni che limitano la libertà dell’individuo, a scrivere, come fa Papini, contro la religione cristiana, l’amicizia, la famiglia, il culto dei morti o, come fa Tavolato, contro la morale sessuale e a favore della prostituzione. È su questa strada che avviene l’incontro con il futurismo e si stabilisce l’ “alleanza offensiva e difensiva contro i nemici comuni”: la filosofia crociana, il passatismo, i “cristianucci”, la capitale che tutti questi vizi assomma. “Lacerba” diventa, pur tra polemiche e precise caratterizzazioni, fino all’agosto del 1914, un periodico futurista, aperto al movimento di Marinetti e ai suoi poeti e pittori, da Buzzi a Folgore, da Boccioni a Govoni, a Carrà. Appaiono, in una successione strepitosa, in campo letterario e artistico, testi fondamentali di Marinetti (L’immaginazione senza fili e le parole in libertà, Dopo il verso libero le parole in libertà), di Palazzeschi (Il controdolore), di Govoni (Tavole parolibere), di Boccioni (Teorie sul dinamismo plastico e la simultaneità), di Carrà (La pittura dei suoni che chiarisce l’idea della “pittura totale, che esige la cooperazione attiva di tutti i sensi”), di Russolo e Pratella sulle teorie “enarmoniche”, di Sant’Elia (manifesto dell’Architettura futurista), di Apollinaire (L’antitradizione futurista. Manifesto-sintesi), Max Jacob, R. de Gourmont, R. Grey e illustrazioni di Archipenko, Larionov, Picasso, Gerebzova. È una sorta di alleanza tra Firenze e Milano che porta alla “Grande Serata Futurista”, del 12 dicembre 1913 al Teatro Verdi del capoluogo toscano, nella quale intervennero Marinetti, Soffici, Papini, Carrà e Boccioni. Due mesi dopo (15 febbraio 1914), la prima polemica. Papini intitola il suo articolo Il cerchio si chiude e contesta duramente le ricerche che il futurismo compie nell’arte, nella letteratura e nella musica, tutte rivolte verso la mimesi naturalistica, avendo sostituito “alla trasformazione lirica o razionale delle cose le cose medesime”. La reazione è immediata. Boccioni, nel numero del 1° marzo 1014, con Il cerchio non si chiude!, respinge al mittente le accuse e sostiene che il movimento futurista non ha rinunziato all’elaborazione lirica dei materiali della realtà. Papini non si ferma e in Cerchi aperti, rifiuta i dogmi del futurismo, la sua aria da “chiesa”, sostenendo di avere il diritto di una totale libertà di critica. Non è la fine del rapporto del futurismo con “Lacerba”, almeno fino al n. 16 del 15 agosto 1914, quando la rivista diventa “soltanto politica”, si batte a favore dell’intervento italiano in guerra a fianco dell’Intesa e contro la Triplice Alleanza. L’ultimo numero, infatti, annuncia l’entrata in guerra dell’Italia con un Abbiamo vinto di Papini, compiaciuto di aver sostenuto la campagna interventista. La rottura vera e propria avviene il primo dicembre 1914, quando Papini e Soffici, nell’articolo “Lacerba”,il Futurismo e “Lacerba”, tracciano il consuntivo del rapporto, sottolineano il “carattere autoritario, accentratore, formale e religioso” del movimento di Marinetti e sostengono che il vero futurismo è quello da loro portato avanti. Il 14 febbraio 1915, con Futurismo e Marinettismo, firmato anche da Palazzeschi, e una serie di quadri sinottici, i due futurismi presentano teorie e tendenze, con relativi adepti in totale contrapposizione. Gli ultimi numeri della rivista riescono ancora a sorprendere con la presenza di Campana, Ungaretti, Jahier e il manifesto dell’Adampetonismo firmato da Soffici con lo pseudonimo di Elettrone Rotativi, chiara parodia dei luoghi comuni delle avanguardie e in particolare del futurismo. La mostra, che verrà illustrata per la parte letteraria da Franco Vitelli e per quella artistica da Giuseppe Appella, ripercorre cronologicamente, con chiari intenti didattici, gli elementi della rivista e i contributi al rinnovamento del linguaggio espressivo, la scultura in particolare. La mostra rimarrà aperta fino al 1° marzo 2013.
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